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Cessione pro soluto e Decreto Cura Italia: cosa è cambiato

Il 2020, con l’irrompere della crisi sanitaria ben presto diventata economica, ha visto il fiorire di nuove misure da una parte per contenere il contagio, e dall’altra per aiutare le aziende in difficoltà.

Non sempre è però facile comprendere l’effettiva portata delle soluzioni introdotte durante questi periodi delicati, in cui tutto sembra cambiare a grande velocità. Si pensi, per esempio, ai provvedimenti del Decreto Cura Italia, che ha preso forma tra marzo e aprile 2020:

  • sostegno all’occupazione al supporto al credito per le famiglie e per le microimprese
  • sospensione degli obblighi di versamento di tributi
  • potenziamento del Sistema sanitario nazionale

Questo decreto emergenziale ha apportato moltissime novità, tra cui una nuova misura relativa alla gestione del credito pro soluto, con indubbi vantaggi per le imprese che hanno a che fare con crediti verso debitori inadempienti. Ma cosa è cambiato nel concreto con il Decreto Cura Italia per quanto riguarda la cessione dei crediti deteriorati?

La cessione del credito pro soluto con il Decreto Cura Italia

In estrema sintesi, si potrebbe riassumere il tutto affermando che la cessione del credito pro soluto, con il Decreto Cura Italia, è diventata ancora più vantaggiosa.

Partiamo da quello che era il panorama precedente al 2020: già a partire dal 2012 vi era la possibilità di dedurre fiscalmente le perdite derivanti dalla cessione a terzi dei crediti. Questa opportunità era infatti stata aperta in modo chiaro con la circolare 26/E del 1° agosto 2013 dell’Agenzia delle Entrate, a evidenziare quanto già riportato nel D.L. 22/6/2012.

A trasformare ulteriormente la materia è stato per l’appunto il Decreto Cura Italia, con l’articolo 55, il quale inaugura la non trascurabile possibilità di trasformare una percentuale dei crediti ceduti in credito d’imposta.

Più nello specifico, cedendo i crediti deteriorati entro il 31 dicembre 2020 è possibile trasformare le imposte anticipate derivanti da perdite fiscali e eccedenze ACE in crediti d’imposta. E i crediti d’imposta possono ovviamente essere portati in compensazione, ceduti ovvero richiesti a rimborso.

L’obiettivo del governo, con questa nuova misura, è chiaro: si desidera infatti aiutare le società aumentando la loro disponibilità di cassa e riducendo il loro fabbisogno di liquidità.

Chi può approfittare di questa novità

Chi può approfittare delle novità introdotte dal Decreto Cura Italia per quanto riguarda la cessione del credito pro soluto?

Partiamo da una premessa importante: i crediti ai quali si fa riferimento devono essere scaduti da oltre 90 giorni, ed essere relativi a perdite fiscali non ancora scomputate dal reddito imponibile ex art. 84, TUIR e i benefici ACE non ancora fruiti.

Non ci sono invece particolari limiti per quanto riguarda settori e categorie, eccezion fatta per le “società per le quali sia stato accertato lo stato di dissesto o il rischio di dissesto ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180”.

Quali vantaggi per l’impresa?

Si può semplificare il tutto affermando che ci sono tre distinti vantaggi per l’impresa che desidera optare per la cessione del credito pro soluto nel 2020.

  1. Le perdite fiscali pregresse vengono automaticamente mutate in credito d’imposta.
  2. Il credito d’imposta può essere utilizzato in compensazione, richiesto a rimborso oppure ceduto a terzi, senza concorrere a formare la base imponibile di IRES e IRAP.
  3. Le imprese possono andare a dedurre le perdite conseguenti alla cessione dei crediti, andando a ridurre ulteriormente il reddito imponibile.