C’è una particolare categoria di crediti che sta riscuotendo un sempre più vivo interesse nel mondo bancario e finanziario: si tratta dei crediti UTP, ovvero delle inadempienze probabili con cui hanno a che fare le banche nazionali e internazionali. Ma cosa i crediti UTP, e come si sta evolvendo il loro mercato?
Crediti UTP: cosa sono?
Come ben sanno tutti gli addetti della Credit Industry, l’acronimo UTP sta per ‘Unlikely To Pay’, ovvero, letteralmente, ‘improbabile che paghi‘. Il mercato degli UTP è dunque popolato da dei finanziamenti bancari erogati a dei debitori i quali si sono poi mostrati in difficoltà nel rimborso della cifra pattuita.
Come si intuisce, non è sempre facile distinguere gli UTP dagli altri crediti deteriorati delle banche, e va peraltro sottolineato che le indicazioni fornite dalla Banca d’Italia non sono di grande aiuto per definire il significato dei crediti Unlikely To Pay.
La banca centrale ha spiegato che «la classificazione delle Inadempienze probabili è, innanzitutto, il risultato del giudizio della banca circa l’improbabilità che, senza il ricorso ad azioni quali l’escussione delle garanzie, il debitore adempia integralmente (in linea capitale e/o interessi) alle sue obbligazioni creditizie». Esistono, dunque, delle zone d’ombra piuttosto ampie.
Il rapporto tra i crediti UTP e le banche italiane
Per anni l’attenzione è stata assorbita dalla sole sofferenze bancarie e quindi dal loro recupero. Solo negli ultimi anni, invece, si è iniziato a guardare anche a quest’altra particolare categoria di crediti difficili, ovvero per l’appunto gli UTP, i quali rappresentano una fetta importante dei volumi NPE (ovvero dei Non Performing Exposures, i crediti deteriorati delle banche).
Basti pensare che, se tra il 2008 e il 2015 gli NPE sono passati tra 85 miliardi a 341 miliardi di euro, nello stesso periodo la componente UTP è passata da 33 miliardi a 127 miliardi, per poi attestarsi, a fine 2017, a 94 miliardi (con un abbassamento totale degli NPE a 264 miliardi di euro).
Il problema è che, nonostante il passaggio dai crediti performing agli UTP sia via via diminuito nel tempo, esiste una parte significativa (circa la metà) di Inadempienze probabili che restano tali di anno in anno.
Di fronte a questi dati, le banche italiane sono ancora alla ricerca delle migliori best practice da applicare nel caso degli UTP, i quali richiedono una gestione attenta del cliente non ancora in sofferenza, a partire da una conoscenza approfondita della sua storia.
Il mercato UTP
Quello degli UTP è un mercato emergente, che fino a qualche anno fa, semplicemente, non esisteva. Da qui l’esigenza di adottare un approccio nuovo e dedicato, creato ad hoc per la gestione delle Inadempienze probabili. Va peraltro sottolineato che, fino al 2017, le transazioni di UTP sul mercato sono state assai limitate, eccezion fatta per le cessioni preliminari di sofferenze e di UTP da parte di Veneto Banca, Banca Marche, Banca Etruria, CariChieti, Cari Cesena, Carime e Carism, effettuate prima delle relative acquisizioni.
Nel corso del 2018, banche come BMPS, Credit Agricole-Cariparma e Carige hanno invece inaugurato dei piani strutturati di cessione di UTP, attraverso single names o portafogli ridotti (stando ai numeri presentati al Credit Village Day, tra 2017 e 2018 sono stati ceduti complessivamente 14 miliardi di UTP).
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